«...
PAGINA PRECEDENTE
Al mondo, un motore su quattro ha una vite di testata realizzata dalla Oeb. A Lissone, dove le strutture sono in grado di produrre una vite partendo dallo sviluppo e dalla prototipazione, hanno deciso di concentrarsi unicamente sulle auto: la nicchia della nicchia, «come se Valentino facesse esclusivamente vestiti da sera», dice senza false modestie il Brugola. Il principale concorrente europeo, la tedesca Kamax, un gigante grande quattro volte e mezzo il lilliput brianzolo, si dedica anche ai tir e al movimento terra.
Dai mitici tempi della prima brugola, l'evoluzione ha riguardato i materiali e i rivestimenti come le tolleranze agli errori, sempre più piccole. E, negli ultimi dieci anni, i cambiamenti organizzativi e il riammodernamento delle linee produttive.
Il fatturato nel 2007 si è attestato a 94 milioni di euro, l'anno scorso a 86 e «quest'anno, se va bene, a 65»: il 99% da export, un caso da manuale da multinazionale tascabile di pura impronta deritiana. «La situazione - riflette Brugola - è tremenda. Alla fine di quest'anno, tutti i dipendenti avranno trascorso un terzo del loro tempo in Cig. I grandi costruttori continuano a premere sulla filiera per avere più qualità a prezzi più bassi. È durissima». Uno spiraglio positivo riguarda la relazione con Ford. Oeb fornirà le viti per il motore Fox 3, il mille di cilindrata a bassi consumi che, dalla fine del 2010, verrà prodotto a Colonia, in Germania, e a Craiova, in Romania: un contratto da 10 milioni di euro all'anno.
In un frangente tanto complesso, Brugola rivendica in pieno il suo essere brianzolo e italiano. «Non potrei spostare la mia fabbrica a 50 chilometri da qui - spiega nell'ufficio di Lissone - perché impiego quattro anni a formare un tecnico. Una volta, il tesoro era la manualità. Oggi, che è tutto automatizzato, conta il rapporto con le macchine e con i materiali. Qualcosa di molto complicato e impalpabile». Lo stesso senso di appartenenza riguarda la comunità più ampia, quella nazionale. Dura, dura, dura: il primo contratto in Germania, Herr Brugola l'ha strappato nel 1979. «Non si fidavano - ricorda - l'umiliazione maggiore era quando dovevo dire Ich bin mailänder, io sono milanese. Se dicevo Ich bin italiener, scattava la reazione pizza, mandolino, mafia».
In un momento così complicato, l'identità rappresenta una radice a cui tenersi aggrappati. Anche se il ceto politico deve innaffiare la pianticella dell'attaccamento alla propria patria, grande e piccola. «Sono ottimista che questa volta la faccenda si sblocchi - afferma Fontana -, ma se così non fosse me ne potrei tranquillamente andare all'estero. Ho già un'area a Pitesti, in Romania, vicino allo stabilimento della Dacia. In sei mesi, costruisco lì quello che mi serve». Come in molte storie italiane, anche nelle cose che funzionano si avverte un retrogusto amarognolo. Perfino Brugola, che ha beneficiato della collaborazione del comune di Lissone, ha un terreno agricolo. «Non me ne faccia parlare - conclude - si tratta di 250mila metri quadrati a tre chilometri in linea d'aria da qui. Ma sono a Muggiò, il paese confinante. Sono di mia proprietà da trentacinque anni. Avrei potuto concentrare lì, in un'unica sede, ogni mia attività. Non me li hanno mai lasciati trasformare in area industriale. È un altro comune rispetto a Lissone». E tutto, come sempre nel nostro paese, ricomincia.
© RIPRODUZIONE RISERVATA